La Repubblica
“Non vi lascerà, il bello comincia ora”
Lo staff di Vasco tranquillizza i fan
Un giro nel backstage durante il concerto all’Olimpico di Roma. Tra i “fedelissimi” che da sempre accompagnano l’artista. Per sentire che aria tira. E capire se quella storia della “pensione” è proprio come l’ha detta lui…
di SARA FICOCELLI
ROMA - L’annuncio del ritiro da rockstar fa disperare i fan. Ma di ritiro lo staff del Blasco non ne vuol sentir parlare. In 237 lavorano stabilmente – insieme a 160 facchini, visto che per montare questo palco con due gru fisse ci vogliono in media quattro giorni – per far sì che i concerti del Blasco siano ciò che sono: eventi mediatici totali prima ancora che musicali. Uno staff giovane, gente dai 25 ai 50 anni. Quelle che circolano anche allo stadio Olimpico di Roma, il 2 luglio, a poche ore dall’inizio dello spettacolo, l’ultimo – in teoria – di Vasco, stando a quello che ha annunciato lui pochi giorni fa.
Un viavai silenzioso in cui puoi incontrare chiunque. la scrittrice Melissa P. e Gaetano Curreri degli Stadio, ad esempio. Tutto è pilotato da regole rigide. Ci fa strada Andrea, stanco ma disponibile: “Dobbiamo fare in fretta perché alle 19.15 arriva Vasco e si blocca tutto”. E’ il responsabile del settore marketing di Satisfiction, il free press culturale di cui Rossi è editore, e il capo l’ha incontrato due o tre volte: “E’ simpatico e puntuale. Se dice che arriva alle 19.15 stai tranquilla che arriva a quell’ora. Chissà se anche stasera farà tutto il concerto in tuta…”.
Una dozzina di camerini e si arriva al village, uno stanzone con wi-fi zone dove lo staff si riunisce a poche ore dal concerto per mettere a punto le ultime cose. Andrea ci presenta Swan, uno dei personaggi storici del tour: dal 1999 è il responsabile della regia live. “Cosa penso dell’annuncio del ritiro? Non sono affatto preoccupato. Ora ci aspetta un altro tipo di spettacolo, ma la stagione live è tutt’altro che finita”, dice. Swan è la persona che decide quali immagini vengono proiettate sui maxischermi, indispensabili quando si lavora in uno spazio come l’Olimpico o San Siro. “Il mio compito è quello di amplificare le emozioni del concerto – spiega – e devo dire che Vasco mi ha sempre facilitato perché ha una straordinaria capacità di immedesimarsi nelle canzoni. Non prova soggezione davanti al pubblico. Io, che per lavoro devo riprenderlo negli occhi, mi sono sempre limitato a far parlare il suo sguardo: è vero e spontaneo, e credo sia questo che piace”.
Swan è forse colui che più conosce il popolo di Vasco perché da anni studia le espressioni dei ragazzi ai concerti e con queste costruisce i “collage emozionali” che finiscono sugli schermi. “Li abbiamo anche seguiti in giro per l’Italia, nei loro viaggi – racconta – e abbiamo capito che per loro è quasi una necessità fisica che Vasco sia continuamente in tournée: la festa comincia nel momento in cui viene annunciato il tour e lo show non è che la ciliegina sulla torta. Il rapporto che hanno con il loro cantante è viscerale. Per questo ha fatto così scalpore l’annuncio del ritiro”. Un annuncio che, secondo Swan, non è stato dettato (come peraltro ha spiegato lo stesso Vasco) dagli anni che passano: “Gli artisti non hanno età, diciamo semmai che quando hai riempito San Siro per quattro sere di fila, quando hai radunato 400mila persone a Catanzaro, quando insomma hai battuto tutti i record e non hai più nulla da dimostrare senti il bisogno di concentrarti bene sui contenuti. Ecco perché si sta interessando all’editoria e ai social network, sta portando avanti progetti con la Scala di Milano e sicuramente farà altri concerti, ma in chiave diversa: perché è un artista vero”. Vero e presente, a quanto pare, dalla scelta della copertina dell’album a tutte le decisioni che riguardano il concerto e le canzoni. “Noi lo consideriamo un artista, non il nostro capo. Lo stimiamo. Questo clima crea uno spirito di collaborazione impagabile”.
Andrea Corsellini è l’ingegnere del suono dei tour dal 2007, quello che “deve far sentire alla gente il concerto”, spiega in tre parole. Che tre non sono, tanto è complicato il suo lavoro: “Sono responsabile del funzionamento di una cinquantina di microfoni. Perdo due chili a concerto”, racconta. Gli stadi sono difficili da sonorizzare e a volte capita che qualcosa vada storto, soprattutto perché Vasco è un artista istintivo, che va a braccio: “E’ preciso, se deve andare sulla pedana ci va, rispetta le regole, è un professionista. Però segue l’istinto. Lui, e tutta la band, composta da artisti di altissimo calibro, tutti cavalli impazziti come lui”. In gergo si dice che il concerto “va in bolla”, ovvero diventa perfetto, dalla terza canzone in poi: le prime due sono un po’ di rodaggio, l’inizio è la parte più difficile. Specialmente se per lavoro devi rendere al meglio la voce di un artista la cui vita di eccessi ha messo a dura prova le corde vocali: “Lui sul palco poi si distrugge – continua Corsellini – ecco perché abbiamo introdotto gli interludi musicali: gli servono per ossigenarsi. Nel suo vocabolario la parola ‘risparmiarsi’ non esiste”. Anche Corsellini pensa che l’annuncio non porterà Vasco lontano dai fan bensì aprirà una nuova fase della sua carriera: “Ha detto che si ritira ma noi che lo conosciamo sappiamo che è impossibile, è uno che si diverte troppo a fare quello che fa”.
Claudia Caramaschi è la responsabile del coordinamento redazionale di Satisfiction, la rivista distribuita in 700mila copie di cui Vasco è editore, e che ha di recente siglato un accordo di diffusione con Feltrinelli. Le chiediamo che tipo di editore è il rocker di Zocca: “Discreto ma interessato. Come ha scritto lui stesso sul giornale, un editore ‘spericolato, soddisfatto e rimborsato’. Ha appoggiato questo progetto dando carta bianca all’ideatore e direttore, Gian Paolo Serino, con l’umiltà di chi sa che non è il suo campo. Ma ha un atteggiamento curioso, presente. Questa piena fiducia ci ha permesso di creare un prodotto di qualità, libero dalla politica e non scontato”. Quando Claudia finisce di parlare mancano pochi minuti al concerto. Noemi fa da apripista con Vuoto a perdere . I sessantacinquemila che riempiono l’Olimpico chiamano Vasco con un boato. Per scatenare l’adrenalina non c’è neanche più bisogno di pronunciare il nome.